La paura del movimento o di ri-lesionarsi, viene descritta come “una paura specifica del movimento e dell’attività fisica che viene (erroneamente) interpretata come causa di ri-lesionamento” (Vlaeyen et al. 1995). Nelle situazioni più estreme di paura del movimento, viene usata l’espressione kinesiophobia (Kori et al. 1990).
Quando parliamo di dolore come esperienza multifattoriale, non possiamo dimenticarci della kinesiofobia, che ha ricevuto più attenzione dalla ricerca negli ultimi decenni.
La kinesiofobia dovrebbe essere letta come una forma estrema di paura del movimento, una paura intensa e irrazionale nell’esecuzione di un movimento, dovuta ad una sensazione di vulnerabilità rispetto ad un episodio doloroso.
I pazienti kinesiofobici si muovono in maniera diversa rispetto ai sani, cercando di preservare la zona lombare, con movimenti più lenti, poco variabili e con maggiore rigidità.
La scienza del dolore ci sta insegnando dei concetti importanti a questo riguardo: il dolore non è un danno, muoversi con dolore è sicuro, avere dolore durante gli esercizi non significa che non lo deve più fate.La ricetta per ottenere questa sicurezza da passare al paziente consiste nel fatto che il professionista deve conoscere bene il dolore e i meccanismi che lo sottendono.
I pazienti con alto livello di kinesiophobia, tendono anche ad avere più sintomi depressivi: Arpino et al. (2004) suggerirono che la depressione è un fattore indipendente di predizione d’insuccesso dopo intervento di erniectomia, e che prevenire la kinesiophobia poteva ridurre notevolmente la sintomatologia depressiva.
Da tali dati si evince che i pazienti con un alto punteggio di kinesiophobia presentano quadri più disfunzionali, e che questo fattore debba essere considerato nei processi di riabilitazione, e studiato ulteriormente come fattore di rischio non trascurabile.
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