Voglio condividere con voi alcuni passaggi del mio intervento come relatrice all’ incontro a tema del 24 Novembre presso il Cro di Aviano.

Molte evidenze scientifiche confermano che l’attività fisica è un vero toccasana sia per il corpo che per la mente.
Se da un lato contribuisce a migliorare lo stato di benessere in chi sta affrontando la malattia, contribuendo ad abbassare il rischio di recidive, dall’altro è un potente mezzo per il benessere psicologico del paziente.
L’attività fisica durante e dopo la diagnosi di tumore non solo è possibile ma è anche necessario. Molti medici affermano che fare movimento è di fondamentale importanza per svariate ragioni.
In linea generale l’attività fisica, che non significa necessariamente praticare un’attività sportiva, può essere considerata un vero e proprio “farmaco”.
Le evidenze a riguardo non mancano: diversi studi, ad esempio, dimostrano che lo sport aiuta a mitigare gli effetti collaterali delle terapie come astenia, nausea e dolore e di questo durante l’incontro ne è stato parlato sia dal medico oncologo che da me .
Non solo, se il beneficio è già immediato lo è ancor di più sul lungo periodo: in una meta-analisi pubblicata nel 2014 viene dimostrato che nelle donne colpite da cancro al seno l’esercizio regolare riduce il rischio di recidiva di ben il 50% per quanto riguarda i tumori ormono-dipendenti.
Ciò che è di fondamentale importanza però è la meta che si vuole raggiungere. La scelta di quale attività svolgere è dettata infatti da cosa si vuole ottenere.
Nella parte centrale del mio intervento ho posto l’attenzione sugli obiettivi da raggiungere che devono essere sempre condivisi con i medici oncologi.
Se l’ obiettivo è quello di migliorare la prognosi della malattia e ridurre il rischio metastasi, l’attività fisica da preferire è quella di tipo aerobico. Questa attività è la più indicata in quanto il movimento aiuta a modulare il sistema ormonale ed immunitario da cui dipende, a sua volta, la modulazione della malattia oncologica. Il beneficio non solo è in fase acuta ,come ad esempio durante la chemio e radioterapia, ma anche sul lungo periodo , ne e testimone il fatto che ho delle pazienti oncologiche che mi seguono da più di 8 anni.
Quando invece l’obiettivo è il miglioramento della mobilità, come nel caso del linfedema causato dalle terapie o dalla malattia stessa, allora si procede con un’attività di stretching mirato e graduale.

Attenzione però al fai da te: proprio perché l’attività motoria è considerata un vero e proprio “farmaco”, deve essere prescritta dosata e personalizzata.
Inoltre, aggiungo con fermezza, dovete essere seguiti da professionisti laureati in scienze motorie con competenze specifiche.